Il Rum fra tre Imperi

Nella seconda metà del ‘600, quando il rum inizia la sua marcia trionfale, tre grandi imperi coloniali si dividono la maggior parte dei Caraibi.

L’impero spagnolo domina ancora le isole maggiori, Cuba, Portotico, parte di Santo Domingo. L’impero francese occupa saldamente Martinica, altre isole minori e una parte di Santo Domingo (oggi Haiti).L’impero inglese occupa da tempo Barbados ed altre isole minori e  nel 1655 strappa agli spagnoli la grande isola di Giamaica.

La canna da zucchero era coltivata ovunque e ovunque si poteva quindi produrre il rum. Ma le scelte delle tre nazioni europee furono profondamente diverse.

Vogliamo qui raccontare brevemente il rapporto fra i tre imperi ed il rum nel secolo che va dall’emergere del rum a Barbados e Martinica attorno al 1650 e la metà del ‘700.

Cominciamo con il più antico, l’impero spagnolo.

La Spagna era un grande produttore di vino e di brandy. Gran parte della produzione veniva esportata nelle colonie spagnole d’America e nelle nazioni dell’Europa settentrionale, fra cui l’Inghilterra. I produttori spagnoli di vino e brandy vedevano il rum come una minaccia ai loro interessi e spinsero il governo a scoraggiare in tutti i modi la produzione di bevande alcoliche nelle colonie. Divieti di coltivazione dell’uva,, divieti di vendita di bevande alcoliche agli indigeni, divieto di vendita di bevande alcoliche nelle città ecc. Nel corso del tempo si susseguirono anche varie leggi che proibivano la distillazione, con pene severissime. Non sempre erano rispettate fino in fondo, ma certo pesarono negativamente sullo sviluppo della produzione di rum. A questo si aggiunse la decadenza della produzione di zucchero, in gran parte ancora non spiegata dagli storici, e una minore passione degli spagnoli per le bevande distillate ad altra gradazione. Come risultato di tutto questo, la produzione di rum nelle colonie spagnole fu a lungo scarsa e di cattiva qualità.

Anche la Francia era un grande produttore ed esportatore di vino e brandy. Anche i produttori francesi temevano la concorrenza del rum. Ma la scelta del governo francese fu diversa. La produzione di rum non fu mai vietata. Fu invece vietata l’esportazione di rum in Francia, riservando il grande mercato interno al vino ed al brandy. Era però permesso esportare il rum in Canada, allora colonia francese, in Africa dove veniva scambiato con gli schiavi e in tutti i paesi stranieri. In particolare molto rum e molta melassa venivano esportati, spesso di contrabbando, nelle tredici colonie inglesi dell’America Settentrionale. Inoltre nelle colonie francesi la produzione di zucchero era fiorente ed i francesi era più affezionati degli spagnoli alle bevande forti. Quindi, la produzione di rum nelle colonie francesi dei Caraibi fu sempre importante e di relativa qualità.

L’Inghilterra non produceva vino e brandy. In compenso gli inglesi bevevano molto, da sempre. Importavano il vino e il brandy soprattutto dalla Francia e dalla Spagna. E li pagavano cari. Era un flusso continuo di ricchezza che lasciava l’Inghilterra per andare ad arricchire proprio i suoi nemici più pericolosi. Quindi l’Inghilterra, anzi ormai possiamo dire l’impero britannico, trattò la nuova bevanda in modo profondamente diverso. Invece di proibire o limitare la produzione e l’esportazione di rum, l’impero britannico la favorì in tutti i modi, cercando di sostituire con il rum i consumi di vino e brandy di importazione. Non fu un’impresa facile, né rapida e certo non fu indolore per la salute di tanti sudditi britannici. Ma ebbe successo. L’impero britannico diventò presto il più importante produttore e consumatore di rum. E il rum era considerato come qualcosa di tipicamente britannico.

Claudio Pierini

RUM E SALUTE

Uno degli errori più diffusi fra i contemporanei è la profonda e spesso inconsapevole convinzione che il mondo sia cominciato oggi, o al massimo ieri. Cioè, la convinzione che molti dei fenomeni che osserviamo nel nostro mondo siano assolutamente nuovi, mai visti prima. Questo accade per esempio con la moderna ossessione per il benessere, la cura del corpo, la salute. Ci sembra un fenomeno nuovo, frutto della società moderna, ricca ed affluente. Un fenomeno, molti pensano,  sconosciuto in passato, quando la società era più povera e rude, concentrata sulle cose essenziali della vita. Bene, non è vero.

La Gran Bretagna del ‘700 era ricca e potente. Politicamente ed economicamente nessuno la minacciava seriamente. E la buona società britannica era ossessionata dalla ricerca della salute, del corpo e della mente. La moderna medicina scientifica era solo all’inizio e per difendere la salute e migliorare il benessere si studiavano con impegno l’aria, il clima, il cibo, le bevande, le abitudini ecc. E’ questo per esempio il secolo in cui si diffondono le cure termali e l’uso dei bagni di mare per fini terapeutici. E’ anche il secolo in cui la fiducia nelle virtù salutari degli Spiriti comincia a vacillare.

I primi distillatori italiani del Duecento, dettero al loro liquore il nome di Aqua Vitae, acqua della vita, perché erano convinti che fosse una panacea per molte malattie. Questa diffusa convinzione aveva una solida base reale. So poco di storia della medicina,  ma sicuramente anche se all’epoca non si sapeva dell’esistenza dei microbi, le proprietà antisettiche dell’alcol erano evidenti. In un mondo pieno di microbi e spesso ignaro delle più elementari regole di igiene, è ragionevole pensare che i malati a cui era somministrato alcol ne avessero dei benefici. Da allora in tutta Europa e poi nelle colonie americane, rimase diffusa per secoli la convinzione che le bevande distillate fossero benefiche per la salute.

Nel ‘700 la nascita di una nuova e scientifica medicina cominciò a minare la fiducia nelle proprietà salutari dei distillati ed alcuni medici misero in evidenza i pericoli di un loro consumo eccessivo. Anche i movimenti per la temperanza muovevano i loro primi passi. Per stimolare il consumo di rum, era quindi necessario presentarlo come una bevanda salutare, che non nuoceva alla salute, anzi che faceva bene. Ancora meglio se si riusciva a scaricare il peso della nuova diffidenza verso gli Spiriti sui suoi concorrenti. Che nella gran Bretagna dell’epoca erano soprattutto due: il brandy fra le classi superiori e il gin fra quelle inferiori. Ed ambedue vennero attaccati.

Già nel 1690 un Dalby Thomas scrisse che il rum è “ più salutare per l’organismo [ del brandy] come si osserva dalla lunga vita degli abitanti delle colonie che sono grandi bevitori di Rum … e invece dalla breve vita di quelli che in patria sono grandi bevitori di Brandy”.  E nel 1770 quando le importazioni di rum avevano ormai superato quelle di brandy il Dottor Robert Dossie scrive: “Bere Rum con moderazione è più salutare, e berlo in eccesso è molto meno dannoso, che bere Brandy” Seguono pagine e pagine di prove mediche, dissertazioni chimiche, esperimenti “scientifici” ecc.

Il gin era un bersaglio più facile. Per produrlo si consumava il grano, prezioso per fare il pane, e la sua vasta diffusione fra i poveri era un grande problema sociale. Tanto che verso la metà del secolo il Parlamento intervenne con proibizioni e limiti che ridussero grandemente la produzione ed il consumo. E per ribadire la superiorità del rum un anonimo autore scrive nel 1760:
“Dalla proibizione del Gin, il consumo di Rum è molto cresciuto, e tuttavia la Ubriachezza Cronica con tutti I suoi spaventosi Effetti, è interamente cessata” e “ Il Gin è molto più dannoso per il Corpo Umano che lo Spirito dello Zucchero”

Poi il nostro autore prescrive il rum per l’inappetenza ed altre malattie affermando che il rum è indicato per “gli appetiti deboli e svogliati e per la digestione, e per molti disturbi debilitanti” e, dopo lunghe raccomandazioni di autorevoli medici, conclude: “Il Gin è uno Spirito troppo forte, acre e brucia troppo per l’Uso interno, ma il Rum è uno Spirito così lieve, balsamico e benigno che, se appropriatamente usato e diluito, può essere grandemente utile sia per il Sollievo che per l’Intrattenimento della Natura Umana”

Così, con l’aiuto dei suoi amici e delle loro argomentazioni “scientifiche”, il rum cominciò a conquistare le menti e le gole del popolo britannico.

Marco Pierini