Il Rinascimento del Rum Bianco

Mi sono occupato molto di questo tema in passato: nel Novembre 2015 a Milano durante THE RUM DAY ho tenuto un Seminario su uno dei miei argomenti preferiti, Il Rinascimento del Rum Bianco. Poi ne ho parlato di nuovo a Madrid nel Maggio 2016, durante il Congreso International del Ron, e ho pubblicato su GOT RUM? di Gennaio 2017, all’interno di un numero dedicato proprio al Rum Bianco.

 

Per quanto ne so, il primo a dirlo è stato Javier Herrera, fondatore del Congreso Internacional del Ron di Madrid. Qualche anno fa, durante una conferenza a Roma, Javier disse che una parte importante del futuro del rum sarebbe stata giocata dal rum bianco. Un nuovo tipo di rum bianco. Non il distillato neutro, quasi inodore e insapore a cui siamo abituati, largamente usato nella miscelazione più banale per dare forza alcolica al cocktail e che costituisce il grosso del consumo. Ma un prodotto diverso, di qualità, ricco di aroma, di sapore, di persistenza. Un rum bianco nato per essere bevuto liscio, con tutta calma, degustato.

Confesso che non gli credetti. Come tutti amavo i rum invecchiati, il loro colore ambrato, la loro ricchezza aromatica e gustativa. Pensai che Javier stesse esagerando e che la tendenza che descriveva, ammesso che fosse reale, sarebbe stata una cosa per pochi conoscitori, una piccola nicchia. Sbagliavo. I fatti hanno confermando l’intuizione di Javier: in pochi anni sono arrivati sul mercato numerosi nuovi rum bianchi da degustazione. Ormai sono presenti sul mercato molti rum bianchi. Alcuni sono una nuova produzione, altri esistevano già, ma erano quasi introvabili: Clairin, bianchi Giamaicani overproof , molti, agricoli bianchi, altri rum da succo per esempio di Mauritius, bianchi da melassa fatti in Giappone, in Scozia etc. E questo è solo l’inizio. Altri arriveranno. Alcuni sono invecchiati qualche mese o qualche anno e poi filtrati per rimuovere il colore, altri non sono invecchiati per niente, ma solo lasciati riposare per un po’ e poi imbottigliati. E spesso sono buoni: profumati, saporiti, persistenti. Sono già una fetta del mercato, piccola, ma in chiara crescita.

Certo, un buon rum bianco non è facile da fare. Senza il contributo della botte, tutto si gioca nella fermentazione e poi nella distillazione. Ci vogliono i lieviti giusti e tanta sapienza. Ma il risultato premia: rum sapidi, spesso con un forte sentore di canna, a volte un po’ aggressivi, ma comunque buoni e ovviamente ad un costo minore. E difficili da truccare. Se posso introdurre una nota personale, ho cominciato anch’io a berli seriamente e adesso mi piacciono sempre di più e mi interessano sempre di più.

Comunque, l’importanza del rum bianco non è una novità assoluta, ma un ritorno, anzi un Rinascimento, White Rum Renaissance, appunto. Che io sappia, nessuno ha studiato seriamente la storia dell’invecchiamento del rum, forse perché sino ad oggi si dava per scontato che il rum fosse invecchiato. Comunque, in passato tutto il rum era bianco e localmente veniva consumato fresco, appena distillato. Oppure veniva messo nelle botti per esportarlo. E con il tempo ci si accorse che i mesi trascorsi nelle botti durante i lunghi viaggi lo rendevano più bevibile, più sano, insomma migliore. E conoscendo un po’ le rudi tecniche di distillazione dell’epoca, la cosa non deve stupire. Ma la pratica di invecchiare coscientemente il rum è relativamente recente: inizia forse nella seconda metà del Settecento e fiorisce commercialmente verso la metà dell’Ottocento, a Cuba ed altrove. Ancora oggi nei Caraibi si beve soprattutto il rum giovane, bianco. I rum scuri, invecchiati, piacciono soprattutto ai consumatori europei e nordamericani. E per farci contenti sono arrivati tanti rum che dichiarano lunghi anni di invecchiamento, scuri, densi. E cari. Rum per un consumatore esigente, dicono, disposto a pagare molto per i lunghi e costosi anni di invecchiamento.

Niente di male, ovviamente. E ci sono nel mercato meravigliosi rum invecchiati che meritano tutto il loro prezzo. Ma purtroppo sappiamo che non sempre è così e che gli anni scritti su tante etichette lasciano molti dubbi. Inoltre, per inseguire il gusto di nuovi consumatori sono arrivati ed hanno avuto anche successo molti prodotti che sono lontani dal rum autentico e che vogliono assomigliare allo Whisky, o al Cognac.

Ma il Rum è il Rum, non una brutta copia di altri distillati. Non ha senso invecchiarlo troppo. E senza i troppi anni in botte non deve necessariamente costare caro.  Il Rum è il figlio allegro della canna da zucchero: deve sapere di canna, di erba, di sole. E il nuovo rum bianco deve essere autentico se vuole essere buono. Deve essere cioè ben fermentato e ben distillato, e basta.

Ma c’è di più. Credo che il rum bianco sia il più adeguato a rispondere ad alcune delle maggiori tendenze del mercato attuale, e non solo di quello del rum. In primo luogo perché risponde alla domanda crescente di prodotti autentici, fatti in maniera tradizionale, naturali, semplici, ecc. Poi perché è generalmente un rum giovane, bianco, il primo prodotto messo in commercio dalle distillerie artigianali. E le distillerie artigianali sono un fenomeno già oggi importante negli USA e che crescerà ancora e si diffonderà ovunque. Infine, il consumatore sempre di più vuole conoscere quello che beve. Ovunque fioriscono Festival del rum, eventi dedicati al rum, corsi, conferenze, degustazioni guidate ecc. E il rum bianco, giovane, è più facile da esaminare, spiegare, capire, giudicare.

Tutto questo farà crescere l’interesse verso il rum bianco, aumenterà la percezione del suo valore, favorirà la crescita dei consumi. Tutto quello che, con un po’ di enfasi, abbiamo voluto chiamare il suo Rinascimento.

Marco Pierini

La Rum University

Ogni anno negli Stati Uniti si svolge uno degli eventi formativi più importanti per i professionisti del mondo del rum: la Rum University. Essa consiste in 5 giorni intensivi di corsi sul rum (dalla sua storia alla sua fabbricazione, dalla legislazione alla classificazione) che si tengono alla Moonshine University di Louisville, Kentucky.

L’ideatore, fondatore e principale docente della Rum University è Luis Ayala: consulente esperto per distillerie, editore della rivista “Got Rum?”, proprietario e fondatore di Rum Central che gestisce insieme alla moglie Margaret, Ayala è una delle massime autorità all’interno della rum community.

Quest’anno il corso della Rum University si è tenuto dal 4 all’8 febbraio. Questo è il programma che è stato seguito dall’evento:

Day 1: The Business of Rum. We will guide you through the economic and political landscape of the industry, so you understand your competitors’ advantages and disadvantages.

Day 2: The Classifications of Rum. We analyze commercially available rums to identify their organoleptical characteristics and associated product ion costs.

Day 3: The Art of Rum Making. You will spend an entire day exploring the distillation of rum, understanding cuts and derived styles, using laboratory and production stills.

Day 4: History and Science of the Barrel. You will spend a full day exploring and understanding rum’s transformation inside the barrel.

Day 5: Essential Rum Laboratory and Techniques & Introduction to Rum Blending. On the last day of the course, you will devote time to understanding and using laboratory techniques, culminating in your blending of three different rums.

Per chi volesse saperne di più http://www.gotrum.com/the-rum-university

Claudio Pierini

Pernod Ricard: scalata in vista?

Pernod Ricard è una delle più importanti multinazionali attive nel settore delle bevande alcoliche, nata nel 1975 dall’unione delle due aziende francesi Pernod e Ricard. Il suo portafoglio comprende centinaia di prodotti, ed è nota agli appassionati di rum per essere la proprietaria dei marchi Havana Club e Malibu, e a tutti gli italiani per l’amaro Ramazzotti. Nonostante la grande crescita che l’ha portata negli ultimi decenni ad essere uno dei leader mondiali del settore, la società ha mantenuto una struttura di governance “antiquata”, essendo ancora diretta da una gestione familiare: Alexander Ricard è infatti chairman e CEO, e la famiglia Ricard è tuttora l’azionista di maggioranza relativa, situazione alquanto peculiare per un’azienda di tale importanza e dimensione.

Eppure, questa peculiarità potrebbe finire: lo scorso 12 dicembre il fondo Elliott Management (noto a tutti i milanisti per essere il proprietario del Milan) ha annunciato di possedere una partecipazione superiore al 2,5% in Pernod Ricard. Certo, la partecipazione è ancora minima, ma Elliott non è certo un fondo che ha fama di accontentarsi di un 2,5%. E infatti (come riporta il settimanale Affari&Finanza dello scorso 11 febbraio) poco dopo l’acquisizione della quota di capitale Elliott ha diramato una nota in cui, a proposito di Pernod Ricard, parla di un “contesto caratterizzato da una corporate governance inadeguata e da una mancanza di prospettive esterne che ha contribuito ad una sottoperformance” per poi sottolineare come “miglioramenti in seno alla governance e a livello operativo potrebbero permettere a Pernod di sbloccare gran parte del valore della società”. In poche parole, uno schiaffo totale all’operato del management di Pernod Ricard.

La suddetta nota di Elliott termina auspicando la cessione di marchi non più strategici e una possibile fusione con un’altra grande azienda di alcolici. Secondo molto osservatori è proprio qui che si deve cercare la ratio delle azioni di Elliott: il fondo non vorrebbe infatti scalare Pernod Ricard e prenderne il controllo, ma favorire uno “spezzatino” tra due altri grandi player del mercato, il leader mondiale Diageo (proprietaria fra gli altri dei rum Captain Morgan, Zacapa, Cacique e Pampero) e l’azienda francese Lvmh.

Intanto, in una conferenza stampa lo scorso giovedì 7 febbraio, Alexander Ricard ha annnciato che il fatturato dell’azienda è cresciuto del 7,8%, arrivando a raggiungere 5,1 miliardi di Euro. Una cifra che fa gola a molti, e che legittima le ambizioni di Elliott.

Claudio Pierini

Il Congreso del Ron diventa la International Rum Conference

Grandi novità dal mondo del rum. Il Congreso del Ron di Madrid, organizzato da Javier Herrera e uno dei principali luoghi di aggregazione della rum community per la qualità delle sue conferenze, cambia location. Lascia Madrid, lascia la Spagna, e si trasferisce negli Stati Uniti, a Coral Gables, Florida.

Ecco il testo dell’annuncio con cui Javier Herrera ci informa di questa importante novità:

We are happy to announce that the Congreso del Ron – Madrid will now be named the International Rum Conference. We are also thrilled to announce that the newly named “VIII International Rum Conference” will be moving across the pond to the United States and will be directed by industry veterans Javier Herrera and Jorge Galbis. We would like to take a moment to recognize and thank everyone for all their support over the passed 7 years in making our event a leader in the rum industry.

As we embark on this exciting relocation, the teams in Europe and the US will be working hand in hand to ensure an exceptional trade show experience . The NEW event dates are September 25-28, 2019 and will take place the spectacular Biltmore Hotel in Coral Gables, Florida. The event will consist of 2 days of industry leading educational conferences and 2 days of Rum Festival. The Educational Conferences will include simultaneous translations (if required) and will be limited to 160 spots, thus make sure to register early. The 2 days of Rum Festival will be open to the trade and rum enthusiast to try and discover exciting different types of rums from around the world. Additionally, we have worked with the iconic Biltmore Hotel to secure exceptional preferential rates for exhibitors and attendees to the International Rum Conference.

Very shortly, you will be able to access all the details for the International Rum Conference at www.internationalrumconference.com

International Rum Conference

September 25-28, 2019                   

Biltmore Hotel – Coral Gables, Florida

Il 2019 si preannuncia quindi un anno pieno di interessanti novità per tutti gli appassionati di rum.

Claudio Pierini